Le chiese rupestri.
L’aspetto più noto del patrimonio rupestre della Basilicata è costituito dalle chiese rupestri presenti soprattutto a Matera e Montescaglioso (area all’interno del Parco della Murgia Materana) e nei territori dei comuni di Rapolla e Melfi nella zona nordorientale della Regione (Parco Regionale del Monte Vulture). Le chiese in grotta finora rintracciate sono circa 185 di cui ben 155 nei comuni e nei territori di Matera e Montescaglioso. La datazione delle chiese rupestri della Basilicata è compresa tra i secoli IX e XIX e si sviluppa ininterrottamente dall’alto medioevo fino a tempi più recenti. La critica storica, nel passato, ha collegato il fenomeno delle chiese rupestri a fondazioni monastiche e soprattutto alla presenza di monaci bizantini emigrati dalla Grecia verso l’Italia meridionale, ma gli studi più recenti hanno ampiamente dimostrato la inconsistenza di questa ipotesi.
Nell’area di Matera le chiese rupestri più antiche sono databili ai secoli IX-X. Tra i secoli IX e X un gruppo di cripte risulta proprietà di alcune grandi abbazie benedettine. La cripta del Peccato Originale (sec. IX-X), conserva affreschi raffiguranti una grandiosa scena con Adamo ed Eva, la Vergine, la triade degli Arcangeli e S. Pietro. La chiesa è, probabilmente, il possedimento di un grande monastero benedettino ed il ciclo affrescato altomediaevale, uno dei dipinti rupestri dell’Italia più grandi e meglio conservati, relaziona la cripta all’abbazia benedettina longobarda di S. Vincenzo al Volturno (150 km a nordest di Napoli) la cui presenza nel territorio di Matera è attestata nelle fonti scritte del secolo IX.
Altre chiese erano appartenenti a ricche famiglie proprietarie di grandi estensioni di terreno e sono scavate al centro di piccoli insediamenti rurali dotati di grotte per residenza e di grotte per ovili e stalle. In tale contesto sono spesso presenti necropoli utilizzate dalla comunità insediata intorno alla cripta e camere mortuarie o singole sepolture appartenenti alla famiglia proprietaria della chiesa.
A Matera altre numerose cripte sono scavate nei Sassi a servizio della popolazione anticamente insediata nei quartieri in grotta. Anche in queste cripte si conservano cicli affrescati, necropoli e sepolture individuali.
I caratteri architettonici delle cripte ipogee evidenziano la presenza di tradizioni e culture diverse. La situazione politica e religiosa di Matera e del territorio circostante come anche di buona parte della Regione Basilicata nei secoli IX-XI (prima metà) è molto complessa. Gran parte della popolazione è latina o longobarda, ma l’amministrazione militare e civile e parte della gerarchia ecclesiastica è bizantina. Nel secolo IX, infatti Costantinopoli dopo aver perso la Sicilia occupata dagli Arabi, ha rafforzato la propria presenza nel Sud Italia ed ha determinato una nuova e profonda penetrazione della cultura bizantina nel territorio. Le chiese rupestri riflettono in pieno questa situazione. Nel secolo XI il Meridione è occupato dai Normanni provenienti dalla Francia. Si rompe il legame politico, militare e religioso con Costantinopoli, ma resta ancora molto forte il legame culturale. Pertanto la pittura continua, fino al secolo XIV, a conservare una matrice bizantina anche in un ambiente ormai completamente latino. L’area centrale della Basilicata, ove la popolazione è sempre stata prevalentemente greca, continuerà, invece, a conservare cultura e ordinamento ecclesiastico di tradizione bizantina fino al secolo XVIII.
Nell’area di Matera e Montescaglioso, le chiese di S. Maria di Olivares e del Cappuccino Vecchio a due navate, le chiese di S. Barbara e di S. Luca e la cripta della Scaletta (secc. X-XII) a navata unica con bema e iconostasi, rivelano un forte legame con la cultura bizantina. La cripta della Madonna delle Virtù, di Villa Irene e S. Pietro ( secc. XI-XIII) evidenziano, invece, caratteri fortemente latini derivanti dal rapporto con fondazioni monastiche benedettine: tre aule con absidi e transetto.
Un caso particolare a Matera è costituito dalla chiesa di S. Maria della Vaglia, forse la più grande chiesa rupestre del Sud Italia. E’attestata nel sec. VIII ma nel sec. XIII è ampliata con tre navate concluse da absidi ed una facciata realizzata in muratura. All’interno una stratificazione molto complessa di affreschi realizzati tra i secoli XIII e XVII.
Nell’area nord-est della Regione (Monte Vulture), altre chiese rupestri con datazione compresa tra i secoli XI e XIV, evidenziano caratteri prevalentemente latini. Le cripte hanno una pianta a navata unica e solo due chiese conservano una pianta a due navate. I caratteri degli affreschi rivelano il persistere di cultura bizantina ma anche l’innesto, nel secolo XIII, di significativi elementi culturali latini di origine provenzale e catalana spiegabile con la presenza nella zona, di Vescovi ed abati benedettini provenienti dalla Francia e dalla Catalogna al seguito degli Angioini che sul finire del secolo XIII conquistano Napoli e il Sud Italia. Nelle altre aree della Regione, la presenza di chiese rupestri, quasi sempre costituite da piccole strutture ad aula unica, è legata a particolari tradizioni religiose popolari. Gli affreschi presenti nelle chiese rupestri della Basilicata raffigurano immagini legati a culti locali e popolari o collegati all’appartenenza della chiesa ad una particolare istituzione religiosa. Quasi dappertutto sono presenti immagini della Madonna raffigurata con il Bambino secondo la tradizione bizantina; sono molto numerose le raffigurazioni di S. Michele Arcangelo, rappresentato con le vesti tipiche dell’Archistrategos bizantino; in alcune chiese si rintracciano storie del Vecchio e del Nuovo Testamento (Cripta del Peccato originale a Matera e chiesa di S. Antuono ad Oppido Lucano). Altrettanto numerose le raffigurazioni di Santi legati alla tradizione religiosa popolare: S. Lucia ( a Melfi gli affreschi della chiesa dedicata alla Santa raccontano la vita della martire); S. Barbara, S. Stefano, S. Lorenzo, gli Arcangeli Gabriele e Raffaele e S. Antuono Abate venerato nella campagne come protettore degli animali domestici.
Il culto rupestre di S. Michele.
Un aspetto molto particolare delle chiese rupestri in Basilicata è costituito dalle cripte intitolate a S. Michele Arcangelo. Diversamente dalle altre, sono chiese realizzate esclusivamente in grotte naturali ed hanno come modello il più antico santuario dell’Europa occidentale dedicato a S. Michele, fondato in una grande grotta naturale sul Monte Gargano ( 100 km a nord di Bari in Puglia) ove l’Arcangelo appare più volte sul finire del secolo V. Il santuario del Monte Gargano (Regione Puglia) è stato in Italia, con Roma, una importante meta dei pellegrinaggi medievali. Da questo luogo il culto dell’Arcangelo, importato da Costantinopoli, si è diffuso in Italia e nell’Europa occidentale.
In Basilicata sono stati finora rintracciati 10 siti rupestri dedicati a S. Michele costituiti da grotte naturali nelle quali sono edificati altari e cappelle con la statua o l’immagine dipinta dell’Arcangelo. Il santuario più importante della Basilicata è quello del Monte Vulture ( per dimensione il secondo dopo il Gargano). Nel medioevo (secc. IX – X) il santuario è stato controllato da una grande comunità monastica benedettina. Conserva un impianto normanno (sec. XI-XII) e le testimonianze di numerose costruzioni realizzate nella grotta. Un altro importante santuario dedicato a S. Michele è sul Monte Raparo (secc. IX-XIX), nell’area centrale della Basilicata di antiche tradizioni bizantine. È costituito da una piccola chiesa realizzata sul fondo di una vasta grotta naturale. All’esterno della grotta, nel secolo X, è stato eretto un monastero officiato da una monaci di tradizione bizantina. Il complesso del santuario rupestre e del monastero di S. Michele sul Monte Raparo è oggi il più importante monumento bizantino della Basilicata.